Gino Piccioni

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Figura femminile

pastelli su cartoncino
65 x 60 cm
anni '30

Gino Piccioni (Foligno, 1873 – Biella, 1941) si trasferisce da Foligno a Roma, per formarsi al seguito di Achille Vertunni (1826-1897) ed Ettore Roesler Franz (1845-1907).

All’inizio del Novecento, si stabilisce insieme alla famiglia a Tivoli, dove risiede per gran parte della sua vita. 

L’attivitaÌ€ pittorica di Gino Piccioni, molto apprezzato dalla borghesia romana, si concentra soprattutto nei primi due decenni del Novecento. Mentre, dagli anni Venti in poi, comincia a dedicarsi anche alla scultura. 

Rimane sempre concentrato su un Divisionismo delicatissimo, spesso sfiorato da tematiche simboliste cui è particolarmente legato, soprattutto nei primi anni del Novecento, a Roma. Non è un caso che Gino Piccioni abbia esposto nell’ambito dell’Associazione di Nino Costa (1826-1903) In Arte Libertas.

I suoi dipinti sono spesso caratterizzati da una pennellata vaporosa e vibrante, utilizzata per la maggior parte delle volte nella descrizione di candidi e leggiadri nudi femminili e paesaggi, pervasi da evocazioni poetiche e simboliche.

Partecipa alla Biennale di Venezia del 1899 e del 1901, alla Triennale di Milano del 1900, all’Esposizione Nazionale di Rimini del 1909.

Intorno al 1915, Gino Piccioni entra nello studio romano dello scultore Ettore Ferrari (1845-1929).

Ben presto affianca l’attività pittorica a quella scultorea, avvicinandosi ai toni simbolisti della poetica di Leonardo Bistolfi (1859-1933). Ma mentre nella pittura risulta delicatissimo e, soprattutto nei pastelli, estremamente evanescente, nella scultura le volumetrie appaiono più possenti e marcate.

Dagli anni Venti in poi, si dedica quasi esclusivamente alla scultura, lavorando anche a diversi monumenti pubblici e celebrativi italiani.

Risale al 1927 il trasferimento del pittore a Biella, dove muore nel 1941.

Con il suo trasferimento a Roma, Gino Piccioni, ancora molto giovane, entra in contatto con l’ambiente simbolista romano legato a Nino Costa. Nei primi anni, dunque, si rifà ad una pittura di paesaggio che conserva quelle notazioni liriche e suggestive tipiche della poetica che unisce osservazione del vero ad evocazioni simboliche.

Infatti, alla Biennale di Venezia del 1899, Gino Piccioni si presenta con il paesaggio L’Aniene presso Tivoli. L’anno successivo, invia alla Triennale di Milano Mattino grigio nell’oliveto e Contadino del Lazio, entrambi caratterizzati da un Divisionismo alla Gaetano Previati (1852-1920).

Alla Biennale veneziana del 1901 espone Il saluto dei beneficati, e nello stesso anno, con In Arte Libertas a Roma, presenta i dipinti pervasi da sensazioni allegoriche Giovinezza rigogliosa, Sentimenti e Il sole tramonta.

Festa dell’anima e Mesti pensieri risalgono sempre ai primi anni del Novecento, accompagnati da soffusi e chiari nudi di donna realizzati spesso a pastello.

All’Esposizione Nazionale di Rimini del 1909 invia Oliveto e Vento sulla spiaggia.

Risale alla Sindacale torinese del 1936 il suo ultimi dipinto, Mattino d’inverno.

Dalla metaÌ€ degli anni Dieci, Gino Piccioni si dedica prevalentemente alla scultura, aderendo sempre al simbolismo e rendendolo piuÌ€ plastico ed efficace dal punto di vista volumetrico. Si ispira, cosiÌ€, al linguaggio di Bistolfi, per l’esecuzione della Tomba Guelfi a Biella e per la realizzazione di alcune tombe nel Cimitero di Oropa. Ne sono esempio Il Cristo morto per la tomba Carpano Maglioli oppure la fontana Fons vitae collocata in Viale Matteotti a Biella.

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