Ernesto Giuliano Armani
Ernesto Giuliano Armani nato in Val di Sole (Trentino) nel 1898 si trasferisce presto a Rovereto con la famiglia. Qui, alla Scuola Reale Elisabettina spicca subito il suo talento ereditato dal nonno, uno stimato incisore locale.
La vita lo porta poi ad affrontare la chiamata alle armi in Galizia e nello zaino militare custodisce gelosamente un piccolo album riempito di schizzi ed acquarelli. Di ritorno dalla Grande Guerra si stabilisce a Vienna dove si iscrive all’Accademia delle Belle Arti deciso a seguire il suo sogno, ma viene richiamato a Rovereto per ripristinare la città dopo i gravi danni provocati dai bombardamenti. Questo impegno gli dà l’occasione di visitare vari paesi e fissare in disegni le drammatiche situazioni e condizioni che la guerra aveva lasciato.
Successivamente si trasferisce a Milano dove si iscrive, su volere del padre, alla Facoltà di Architettura. Dopo un iniziale distacco, lo studio diventa importante per alimentare il suo interesse per le cattedrali e monumenti.
In seguito alla laurea (1922), dimostrandosi poco disponibile a ricoprire qualunque impiego, parte per Berlino, meta in voga per gli artisti dell’area mitteleuropea.
L’anno seguente allestisce la sua prima mostra personale al Kurfürstendamm, i quadri proposti sono vedute berlinesi. Gli apprezzamenti che riceve sono lusinghieri e lo portano a diventare scenografo, prima a Berlino (culla in quegli anni del cinema moderno con il Gabinetto del dottor Caligari e Metropolis) e poi a Milano. Nella città meneghina ha la possibilità di esporre la sua prima personale in Italia (1926) che si rivela un grande successo di pubblico, di critica e di nuove opportunità come la richiesta di ritrarre il Vittoriale di Salò.
I critici concordano sul fatto che la sua arte è ancora tipicamente italiana (non troppo influenzata dalle sue esperienze all’estero) e con un metodo di composizione arioso che lo avvicina alla scuola lombarda settecentesca.
Dal successo seguono numerose richieste che lo inducono a cimentarsi nel ritratto, un’arte da cui resta piacevolmente sorpreso.
Un fruttuoso soggiorno ad Anversa e una grande personale a Trento nel 1930, fanno da sfondo al suo matrimonio, per poi ripartire in coppia per Milano e Genova.
Durante la II Guerra Mondiale si rifugia in Trentino dove riesce, per quanto possibile, a dedicarsi alla pittura ritraendo le montagne con varie condizioni di luce. Dopo questi anni forzati di “esilio” ritorna a Genova, ma non più abituato alla vita di città si ritira a Bardonecchia dove si reinventa architetto di montagna. Tuttavia, il richiamo della sua passione è sempre presente e nel 1958 torna definitivamente alla pittura ad acquerello e immerso nella sua Rovereto realizza le opere della maturità, cariche di vitalità e entusiasmo fino alla sua morte (1986).
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